Marie-Castille Mention-Schaar - Francia 2016 - 108’ - v.o. francese, st. tedesco/inglese, introduzione da parte di un responsabile del Festival del film Locarno
Melanie vive con la madre, ama la scuola e le sue amiche, suona il violoncello e vuole cambiare il mondo, quando si innamora di un “principe” su internet. Sonia non è riuscita a “garantire” alla sua famiglia un posto in paradiso. Sono normali adolescenti francesi ma un giorno la loro strada incrocia quella del reclutamento terrorista, finendo arruolate nella jihad e pronte a partire per la Siria.
Sinossi
Mélanie ha 16 anni e vive con sua madre. Le piacciono la scuola, le sue compagne, suonare il violoncello e vuole cambiare il mondo. Ma quando incontra un ragazzo su internet e se ne innamora, la sua realtà cambia: a poco a poco, si fa reclutare da alcuni integralisti dell’Isis. Sonia ha 17 anni, e per «garantire» alla propria famiglia un posto in paradiso ha rischiato di commettere l’irreparabile. Queste adolescenti potrebbero chiamarsi Anaïs, Manon o Leila, e prima o poi potrebbero tutte quante ritrovarsi sulla via del reclutamento. Ma potrebbero anche tornare indietro? (Festival del film Locarno)
Approfondimento
Il primo film sulla radicalizzazione delle giovani donne europee, "Le ciel attendra-Il cielo può attendere" (presentato in prima mondiale in Piazza Grande), è costruito su tre storie parallele. La prima riguarda Sonia, diciassettenne francese di padre musulmano, che ha cercato di andare in Siria per partecipare a un attentato contro la Francia. Affidata alla famiglia col patto che non intrattenga contatti con l’esterno, la ragazza appare irriducibile, si ribella, è decisa al martirio pur di conquistarsi un posto in Paradiso. Le suppliche della madre (Sandrine Bonnaire) per dissuaderla sembrano vane: pian piano, però, le scelte estreme di Sonia sembrano vacillare. La seconda storia, a itinerario opposto, è quella di Mélanie, liceale cattolica. La vediamo radicalizzarsi mediante il contatto su Skype con un giovane integralista di cui s’è innamorata: fa le abluzioni, prega Allah, indossa il velo e, come l’altra, vuol andare in Siria. Sua madre (Clotilde Courau), che non sospetta nulla, cade dalle nuvole quando scopre l’odio che la giovane prova verso di lei e il modo di vivere impuro dell’Occidente.
L'ultimo segmento ha al centro Sylvie, una madre disperata la cui figlia è già in Medioriente. Le tre vicende sono alternate con le sedute di un gruppo di genitori coordinate da Dounia Bouzar (nella parte di se stessa), l’antropologa che, in Francia, ha creato il Centro di prevenzione contro le derive settarie legate all’Islam. Tutt’altro che documentaristico, ma con un ampio spazio lasciato all’improvvisazione delle attrici, il film è reso un po’ didascalico dall’esigenza – comprensibile, nel caso – di comunicare allo spettatore più cose possibili su un tema così scottante. Però non si abbandona mai al pietismo; e, soprattutto, è utile a capire fatti che la cronaca espone a molti fraintendimenti. “Abbiamo cominciato le riprese il giorno dopo la strage al Bataclan” ricorda la regista e produttrice Marie-Castille Mention-Schaar “con tutte le difficoltà del trauma che aveva colpito Parigi. Qualcuno, nella scena della retata, pensava si trattasse di un’autentica operazione di polizia”.
Tutto il film poggia sulla volontà di capire le motivazioni dei comportamenti delle due ragazze, sintesi esemplare di quanto accade nei processi di radicalizzazione. Sia Sonia sia Mélanie odiano la profana società europea, in nome di quel bisogno di assoluto che caratterizza spesso l’adolescenza. Al punto che Sonia aspira al sacrificio; mentre Mélanie è irretita dalla promessa di amore puro del suo “principe” che fa proselitismo via Internet. “Quando ho ricevuto la proposta di partecipare al film” interviene la Courau “ero a Tunisi, proprio nei giorni dell’esplosione al Museo del Bardo. Il terrorismo ci sconvolge e ci destabilizza, certo; però non basta chiedersi: come è possibile che i genitori non si accorgano di nulla? Bisogna interrogarsi sulle crisi identitarie di queste giovani per tempo, prima che cerchino risposte così micidiali”. Alla domanda se abbia ricevuto minacce durante la lavorazione, la regista risponde così: “Nessuna minaccia. Ne riceve continuamente, invece, Dounia, che vive sotto scorta di sei agenti per la sua opera di de-radicalizzazione. E’ stata lei a darci un aiuto decisivo, permettendoci di ricostruire la genesi di fenomeni che nessun dossier di polizia, compilato a posteriori, poteva fornirci”. E non teme, Marie-Castille, che il debutto del film nelle sale parigine possa provocare attentati? “No, io sono nata sotto una buona stella” risponde lei, fiera di un film che non è solo un film, ma anche un modo per non abbassare la guardia. (Roberto Nepoti)